Wednesday, March 21, 2012

Dalla panchina di un marciapiede di NY : l`attuale situazione all`interno delle aziende

Qualche giorno fa , affondando  un delizioso croissant al cioccolato in un ottimo cappuccino appena servitoci dalle gentili ragazze di Bottega Falai , stavo analizzando in compagnia di un paio di "vecchie volpi" del settore,  l`attuale situazione delle aziende che operano nel settore del fashion . Come sempre avviene quando i partecipanti "vivono interiormente" il problema , lo scambio di opinioni al riguardo si e` fatto  via via più appassionato, e i dettagli della conversazione stessa  , hanno di fatto acceso una spia rossa nella mia mente . Infatti , i due amici con cui ho condiviso questo momento ( sono managers con un curriculum lavorativo invidiabile dalla stragrande maggioranza degli addetti ai lavori ) sostenevano praticamente   quello che da un pezzo sto pensando. E cioè : nelle aziende di oggi ,  il livello qualitativo degli impiegati  sta decadendo sempre di più, e questo ,  e' diventato il problema principale da risolvere . La causa ? La scarsissima preparazione dei selezionatori  del personale che lavorano  all`interno degli  "Human Resources Offices" delle varie aziende. 



Mi spiego meglio : sino a qualche tempo fa , le selezioni venivano fatte sulla base di conoscenze tecniche vere e proprie . Ad esempio , il responsabile delle vendite  sceglieva i venditori , il responsabile logistico si occupava del personale di cui aveva bisogno in magazzino e così` via !. Poi ad certo punto , sono arrivati gli uffici del personale  ! Gli addetti che ci lavorano non sono altro che degli impiegati che , privi delle minime cognizioni riguardo le diverse aree operative che ci sono all`interno di un`azienda , devono assumere il personale competente per i diversi profili che i vari dipartimenti richiedono . Le assunzioni fatte da questi poco illuminati impiegati , nella maggior parte dei casi, vengono fatte o per simpatia,  o peggio ancora perché` il/la  candidato/a   che viene scelto , viene ritenuto/a   un possibile collega che sarà  incapace di sollevare  questioni o mettere addirittura in discussione  le capacita`del proprio responsabile diretto .


Da aggiungere ,  che non conoscendo assolutamente il lavoro che il candidato dovrebbe svolgere , il selezionatore di turno si affida ai curriculum !!!!! 


Per cui , considerando :
a) la scarsa preparazione dei selezionatori
b) i curriculum fantasiosi dei candidati 
(se uno di voi prova a navigare in Linkedin per una decina di minuti vedrà che il livello medio del curriculum degli iscritti a questo sito , e` di poco inferiore al C.V. che  avevano Einstein o Oppenheimer ) 


il risultato che questo processo genera , e` quello, di aver avvolto le aziende con una ragnatela di discreti impiegati il cui unico obiettivo e` vincere la coppa Cobram di fantozziana memoria 




Sembra infatti, che  l`obiettivo principale degli uffici del personale, sia diventato quello di difendere a tutti i costi le posizioni di privilegio che  le prime linee occupano,  invece di mettere pressione dal basso , affinché tutta l`organizzazione riceva  beneficio dall`innesto di nuovi colleghi portatori di  una ventata di novità. 




A tal proposito , un riferimento ad un fatto che ho vissuto personalmente . 
Qualche anno fa , il responsabile finanziario della capogruppo   per cui lavoravo  , mi "costrinse" ad  assumere come CFO della società americana di cui ero responsabile ,  un improvvisato ragioniere che non sapeva manco utilizzare Excel . Tra l`altro, il lungimirante fenomeno  ( che continua a ricoprire un  incarico di prestigio anche grazie al suo grado di parentela )  mi disse , che questo povero diavolo andava bene , non solo perché` sapeva fare discretamente ( parola che odio in quanto discreto per me significa perdente )   bene il lavoro richiesto , ma anche e soprattutto perché` costava  relativamente poco .                                              Alle mie rimostranze,  la spiegazione che mi venne data fu : lo buttiamo in acque profonde e vedrai che imparerà  a nuotare: fidati. Inutile dire che il potenziale "nuotatore" per poco non ci faceva affogare tutti . 




Ma torniamo al presente .
Dalla mia panchina , ho come l`impressione,  che purtroppo l`enorme problema di cui sopra ( una selezione del personale fatta finalmente da uffici competenti ) , non sia ancora stato individuato dai proprietari delle aziende stesse , i quali per simulazione ( copiando dai libri di successo venduti un tanto al chilo ) , danno incarico alle varie   agenzie di consulenza ( altro cancro da estirpare quanto prima ) di individuare quali sono i problemi per cui i risultati non arrivano. 


Parlando da consumatore moderno , credo che per poter rimanere a galla in un mercato sempre più` asfittico ed esigente , l`avere credibilità,  trasferire al cliente/consumatore  conoscenza e contenuti,  sia fondamentale . Per fortuna, per molti di noi , la credibilità  non si può acquistare . 
Infatti ,si riesce ad essere credibili solo quando si conosce profondamente il lavoro che si svolge . Ad esempio , quanti di noi si sono trovati di fronte un venditore od un commesso che magnificava un paio di jeans , una borsa , un paio di scarpe o altro, senza che  conoscesse minimamente il contenuto  dei termini che adoperava ? (e mi fermo ai termini italiani perché se  dovessi considerare anche gli "inglesismi e le castronerie che ne seguono , non avrei abbastanza giga a disposizione ) 
Quante volte,  abbiamo girato i tacchi , quando ci siamo resi conto che davanti a noi non avevamo altro che uno/a Vanna Marchi qualsiasi,  che cercava di venderci il sale da sciogliere nel bicchiere ? 
(a  tal proposito, sarebbero da condannare almeno a tre mesi di lavori socialmente utili quelli che alla Vanna glielo hanno comprato il sale !).


Mi irrito sempre di più , entrando a contatto con un commesso di un qualsiasi esercizio commerciale , o peggio ancora se mi trovo  a parlare con qualcuno che conosco, quando mi rendo  conto che coloro i quali mi stanno vendendo qualcosa,  o con cui sto dialogando , si esprimono con concetti che non appartengono a loro,  ma ripetono cose che hanno sentito dire da altri senza aver minimamente approfondito i contenuti stessi. Perche`, siamo arrivati a questo punto ? Quali sono i motivi per cui oggi , il  come ci si presenta, ha letteralmente surclassato quello che sappiamo fare ? 
Lo so,  che ci sono giovani che hanno cultura, che sanno cosa vuol dire essere credibili ( uno di questi  un paio di settimane fa mi ha fatto spendere 400 usd per un paio Jeans di una marca sconosciuta  ). Mi  ripeto , so che ce ne  sono , sono anche molto bravi (di sicuro ,  costano un poco di più di un  belloccio effeminato  o di una coatta truccata messi lì a fare i "manichini" ) e  hanno tanta voglia voglia di fare , per cui ......concludo con un appello a tutti coloro che appartengono a qualche ufficio del personale e che per caso hanno letto quanto sopra : 
al prossimo colloquio, non siate timorosi di assumere persone che hanno il " fuoco dentro " ; molto probabilmente,  saranno proprio questi che vi salveranno il posto di lavoro,  evitando che l`azienda dove lavorate entri in crisi e possa anche chiudere . 
Con affetto 


Accetto segnalazioni su quali sono i vostri pensieri e le vostre opinioni al riguardo .


Per quelli che leggono in inglese, suggerisco la lettura che una giornalista fashion di fama mondiale come Suzy Menkes ha scritto un paio di settimane fa sul  NYT riguardo il dorato mondo della moda attuale .
Anche se Suzy , una tiratina d`orecchi se la meriterebbe per l`incolpevole ritardo dell`analisi che fa . Comunque , illuminante .



We Are All Guilty for This Mess


Published: February 26, 2012

                  

MILAN — The current state of fashion, with designers enticed to houses where they may be rejected, removed and re-embraced, leaves a queasy feeling.


The drama that started almost exactly a year ago with the breakdown and departure of John Galliano from Dior has spread across the fashion universe.
The moving end to Raf Simons’s seven years at Jil Sander dominated the Milan scene over the weekend as much as the news that Ms. Sander herself will be returning.
Speculation now has Yves Saint Laurent taking on Hedi Slimane, who was a designer choice to follow the original maestro. The idea that Mr. Slimane, who has followed a photographic career since his departure from Dior Homme, would move back to YSL, where he once designed men’s wear, has created yet-another firestorm across the cybersphere.
Caught in this maelstrom are the designers. By their nature artistic and fragile people, they see themselves treated like commodities, bought and dispensed with as the corporate house pleases.
There is a reason that long-serving fashion executives have been replaced in recent years by chief executive officers whose history is in ice cream, yogurt or other marketable products. With a global society hungry for luxury, distribution and supply chains are now as important for executives as a hands-on feel for products.
But not all the blame can be put on the corporate conglomerates, who have, like a flood tide, been inundating family-run houses. In Italy, La Familia just about hangs in there, hoping that each generation will serve up a smart son or daughter. But it is increasingly hard for small Italian brands to keep a mom-and-pop business going, especially when China’s industrial base for fashion will soon outstrip Italy’s.
Designers, too, are not blameless victims of the new deal. They have also become commoditized, picking the right lawyer to fight for sky-high salaries and sweet treatment as if they were Hollywood stars.
Cut off from reality, as Mr. Galliano was and many others still are, in the world of first-class travel and the chauffeur at the door, they find themselves enmeshed in a web of their own making.
They are too used to a lifestyle that has brought them fabulous apartments filled with contemporary art and photography to break out of this lush gilded cage, where they are obliged to dance again and again: fashion show, store opening, midseason presentation, second line, media interviews, team meeting, ad shoots, global travel. Smile, smile, smile — and rock until you drop.
Then there are us, the journalists surrounded by a sea of bloggers. The Twitter world magnifies and distorts reality, as I found out last autumn when my speculation, based on sound information, that Raf Simons had been talking to Yves Saint Laurent people was transformed by the Twitter world into a done deal.
No grain of gossip is too small to grow into a mighty story.
Designers in the past have fought with the “suits” and turned to alcohol and drugs. Why do things seem such a mega-drama today, ending any chance of a sad situation being resolved with dignity?
The natural end of an era, as designers whose houses bear their names grow old and pass away, combined with the arrival of digital cameras and Internet exposure, has created a perfect storm.
Fledgling designers need investment — but how much easier it is to put them in a dead man or woman’s shoes, perhaps also backing the new designer’s namesake line, but only as what the French call a “danseuse,” a plaything.
Karl Lagerfeld’s success at Chanel and Fendi (if not with his own various lines) is the template. Marc Jacobs is one of the rare designers who has fought and won, from LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton, the right to build a global empire in his own name. Yet when he was approached to take over at Dior, he reportedly asked for too much in return.
If designers suffer, what about the toiling teams behind them? They are mostly unknown — loved and hand-picked by a designer, yet abandoned or even thrown out after a change of leadership.
The situation is not universally toxic. The collaboration between Donatella Versace and Christopher Kane with his sister Tammy is a sweet reminder of the Gianni Versace/Donatella years. But what if — as the rumor mill claims — Mr. Kane has been put up for the Dior job? There will be yet another round of musical chairs.
As a journalist, I cannot help imagining with excitement a new era with a face-off between Hedi Slimane at YSL and Raf Simons at Dior — a magnificent battle of style and wills to echo the Armani/Versace, Gucci/Prada or even Chanel/Schiaparelli face-offs of earlier years.
But I remind myself that this is not a game of chess. And that real people — especially sensitive designers — deserve not to be treated as pawns in someone else’s game

1 comment:

  1. Da Matteo Fusari
    congratulazioni per il post del 21 marzo..
    di questo hanno responsabilità anche alcuni imprenditori, che non hanno più una visione, nè credono più molto nel valore aggiunto delle persone. si parla a vanvera di "riforma del lavoro" ma sarebbe bello parlare anche di imprenditorialità, che dovrebbe essere messa nella costituzione "art 1: l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro E SULL'IMPRENDITORIALITA'"

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