Da aggiungere , che non conoscendo assolutamente il lavoro che il candidato dovrebbe svolgere , il selezionatore di turno si affida ai curriculum !!!!!
Per cui , considerando :
a) la scarsa preparazione dei selezionatori
b) i curriculum fantasiosi dei candidati
(se uno di voi prova a navigare in Linkedin per una decina di minuti vedrà che il livello medio del curriculum degli iscritti a questo sito , e` di poco inferiore al C.V. che avevano Einstein o Oppenheimer )
il risultato che questo processo genera , e` quello, di aver avvolto le aziende con una ragnatela di discreti impiegati il cui unico obiettivo e` vincere la coppa Cobram di fantozziana memoria
Sembra infatti, che l`obiettivo principale degli uffici del personale, sia diventato quello di difendere a tutti i costi le posizioni di privilegio che le prime linee occupano, invece di mettere pressione dal basso , affinché tutta l`organizzazione riceva beneficio dall`innesto di nuovi colleghi portatori di una ventata di novità.
A tal proposito , un riferimento ad un fatto che ho vissuto personalmente .
Qualche anno fa , il responsabile finanziario della capogruppo per cui lavoravo , mi "costrinse" ad assumere come CFO della società americana di cui ero responsabile , un improvvisato ragioniere che non sapeva manco utilizzare Excel . Tra l`altro, il lungimirante fenomeno ( che continua a ricoprire un incarico di prestigio anche grazie al suo grado di parentela ) mi disse , che questo povero diavolo andava bene , non solo perché` sapeva fare discretamente ( parola che odio in quanto discreto per me significa perdente ) bene il lavoro richiesto , ma anche e soprattutto perché` costava relativamente poco . Alle mie rimostranze, la spiegazione che mi venne data fu : lo buttiamo in acque profonde e vedrai che imparerà a nuotare: fidati. Inutile dire che il potenziale "nuotatore" per poco non ci faceva affogare tutti .
Ma torniamo al presente .
Dalla mia panchina , ho come l`impressione, che purtroppo l`enorme problema di cui sopra ( una selezione del personale fatta finalmente da uffici competenti ) , non sia ancora stato individuato dai proprietari delle aziende stesse , i quali per simulazione ( copiando dai libri di successo venduti un tanto al chilo ) , danno incarico alle varie agenzie di consulenza ( altro cancro da estirpare quanto prima ) di individuare quali sono i problemi per cui i risultati non arrivano.
Parlando da consumatore moderno , credo che per poter rimanere a galla in un mercato sempre più` asfittico ed esigente , l`avere credibilità, trasferire al cliente/consumatore conoscenza e contenuti, sia fondamentale . Per fortuna, per molti di noi , la credibilità non si può acquistare .
Infatti ,si riesce ad essere credibili solo quando si conosce profondamente il lavoro che si svolge . Ad esempio , quanti di noi si sono trovati di fronte un venditore od un commesso che magnificava un paio di jeans , una borsa , un paio di scarpe o altro, senza che conoscesse minimamente il contenuto dei termini che adoperava ? (e mi fermo ai termini italiani perché se dovessi considerare anche gli "inglesismi e le castronerie che ne seguono , non avrei abbastanza giga a disposizione )
Quante volte, abbiamo girato i tacchi , quando ci siamo resi conto che davanti a noi non avevamo altro che uno/a Vanna Marchi qualsiasi, che cercava di venderci il sale da sciogliere nel bicchiere ?
(a tal proposito, sarebbero da condannare almeno a tre mesi di lavori socialmente utili quelli che alla Vanna glielo hanno comprato il sale !).
Mi irrito sempre di più , entrando a contatto con un commesso di un qualsiasi esercizio commerciale , o peggio ancora se mi trovo a parlare con qualcuno che conosco, quando mi rendo conto che coloro i quali mi stanno vendendo qualcosa, o con cui sto dialogando , si esprimono con concetti che non appartengono a loro, ma ripetono cose che hanno sentito dire da altri senza aver minimamente approfondito i contenuti stessi. Perche`, siamo arrivati a questo punto ? Quali sono i motivi per cui oggi , il come ci si presenta, ha letteralmente surclassato quello che sappiamo fare ?
Lo so, che ci sono giovani che hanno cultura, che sanno cosa vuol dire essere credibili ( uno di questi un paio di settimane fa mi ha fatto spendere 400 usd per un paio Jeans di una marca sconosciuta ). Mi ripeto , so che ce ne sono , sono anche molto bravi (di sicuro , costano un poco di più di un belloccio effeminato o di una coatta truccata messi lì a fare i "manichini" ) e hanno tanta voglia voglia di fare , per cui ......concludo con un appello a tutti coloro che appartengono a qualche ufficio del personale e che per caso hanno letto quanto sopra :
al prossimo colloquio, non siate timorosi di assumere persone che hanno il " fuoco dentro " ; molto probabilmente, saranno proprio questi che vi salveranno il posto di lavoro, evitando che l`azienda dove lavorate entri in crisi e possa anche chiudere .
Con affetto
Accetto segnalazioni su quali sono i vostri pensieri e le vostre opinioni al riguardo .
Per quelli che leggono in inglese, suggerisco la lettura che una giornalista fashion di fama mondiale come Suzy Menkes ha scritto un paio di settimane fa sul NYT riguardo il dorato mondo della moda attuale .
Anche se Suzy , una tiratina d`orecchi se la meriterebbe per l`incolpevole ritardo dell`analisi che fa . Comunque , illuminante .
We Are All Guilty for This Mess
By SUZY MENKES
Published: February 26,
2012
MILAN — The current
state of fashion, with designers enticed to houses where they may be rejected,
removed and re-embraced, leaves a queasy feeling.
The drama that started almost exactly a year ago
with the breakdown and departure of John Galliano from Dior has spread across
the fashion universe.
The moving end to Raf Simons’s seven years at Jil
Sander dominated the Milan scene over the weekend as much as the news that Ms.
Sander herself will be returning.
Speculation now has Yves Saint Laurent taking on
Hedi Slimane, who was a designer choice to follow the original maestro. The
idea that Mr. Slimane, who has followed a photographic career since his
departure from Dior Homme, would move back to YSL, where he once designed men’s
wear, has created yet-another firestorm across the cybersphere.
Caught in this maelstrom are the designers. By
their nature artistic and fragile people, they see themselves treated like
commodities, bought and dispensed with as the corporate house pleases.
There is a reason that long-serving fashion
executives have been replaced in recent years by chief executive officers whose
history is in ice cream, yogurt or other marketable
products. With a global society hungry for luxury, distribution and supply
chains are now as important for executives as a hands-on feel for products.
But not all the blame can be put on the corporate
conglomerates, who have, like a flood tide, been inundating family-run houses.
In Italy, La Familia just about hangs in there, hoping that each generation
will serve up a smart son or daughter. But it is increasingly hard for small
Italian brands to keep a mom-and-pop business going, especially when China’s
industrial base for fashion will soon outstrip Italy’s.
Designers, too, are not blameless victims of the
new deal. They have also become commoditized, picking the right lawyer to fight
for sky-high salaries and sweet treatment as if they were Hollywood stars.
Cut off from reality, as Mr. Galliano was and
many others still are, in the world of first-class travel and the chauffeur at
the door, they find themselves enmeshed in a web of their own making.
They are too used to a lifestyle that has brought
them fabulous apartments filled with contemporary art and photography to break
out of this lush gilded cage, where they are obliged to dance again and again:
fashion show, store opening, midseason presentation, second line, media
interviews, team meeting, ad shoots, global travel. Smile, smile, smile — and
rock until you drop.
Then there are us, the journalists surrounded by
a sea of bloggers. The Twitter world magnifies and distorts reality, as I found
out last autumn when my speculation, based on sound information, that Raf
Simons had been talking to Yves Saint Laurent people was transformed by the
Twitter world into a done deal.
No grain of gossip is too small to grow into a
mighty story.
Designers in the past have fought with the
“suits” and turned to alcohol and drugs. Why do things seem such a mega-drama
today, ending any chance of a sad situation being resolved with dignity?
The natural end of an era, as designers whose
houses bear their names grow old and pass away, combined with the arrival of
digital cameras and Internet exposure, has created a perfect storm.
Fledgling designers need investment — but how
much easier it is to put them in a dead man or woman’s shoes, perhaps also
backing the new designer’s namesake line, but only as what the French call a
“danseuse,” a plaything.
Karl Lagerfeld’s success at Chanel and Fendi (if
not with his own various lines) is the template. Marc Jacobs is one of the rare
designers who has fought and won, from LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton, the
right to build a global empire in his own name. Yet when he was approached to
take over at Dior, he reportedly asked for too much in return.
If designers suffer, what about the toiling teams
behind them? They are mostly unknown — loved and hand-picked by a designer, yet
abandoned or even thrown out after a change of leadership.
The situation is not universally toxic. The
collaboration between Donatella Versace and Christopher Kane with his sister
Tammy is a sweet reminder of the Gianni Versace/Donatella years. But what if —
as the rumor mill claims — Mr. Kane has been put up for the Dior job? There
will be yet another round of musical chairs.
As a journalist, I cannot help imagining with excitement
a new era with a face-off between Hedi Slimane at YSL and Raf Simons at Dior —
a magnificent battle of style and wills to echo the Armani/Versace, Gucci/Prada
or even Chanel/Schiaparelli face-offs of earlier years.
But I remind myself that this is not a game of
chess. And that real people — especially sensitive designers — deserve not to
be treated as pawns in someone else’s game
Da Matteo Fusari
ReplyDeletecongratulazioni per il post del 21 marzo..
di questo hanno responsabilità anche alcuni imprenditori, che non hanno più una visione, nè credono più molto nel valore aggiunto delle persone. si parla a vanvera di "riforma del lavoro" ma sarebbe bello parlare anche di imprenditorialità, che dovrebbe essere messa nella costituzione "art 1: l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro E SULL'IMPRENDITORIALITA'"