Finalmente, un documento senza retorica, ne` di parte su come dovremmo considerare i dementi che hanno messo Roma e tutti i cittadini li` presenti sotto scacco .
Fatela leggere a quante piu` persone possibile
Scrivo, lavoro alla radio e curo contenuti dai social media. Ogni tanto posto una lettera.
OTTOBRE 17, 2011
sul #15O
Potrei essere vostra madre, o vostra sorella - per fortuna non lo sono, perché
immagino che per quanto amiate le vostre madri e sorelle, la loro saggezza vi appaia
come un altro pezzo di quel presunto perbenismo che siete venuti a disfare con le
vostre mani, con le vostre braccia giovani, con le vostre spranghe e i vostri bastoni.
Ma non sono né vostra madre né vostra sorella, sono una giornalista, lavoro da
tanti anni in una radio indipendente, e da poco meno di un anno faccio un lavoro
che prima nemmeno esisteva, il curatore di social media, una persona che verifica
e sceglie contenuti tratti dal lavoro collettivo della rete per produrre a sua volta
contenuti informativi.
Seguo da dieci mesi le rivolte arabe, e questo mi ha cambiato la vita.
Non solo perché le rivolte l’hanno cambiata a tante persone, ma perché le migliaia di
ragazze e ragazzi che stanno lottando per il futuro dei loro paesi mi hanno restituito
la passione civile, mi hanno fatto sentire interrogata sui modi in cui facciamo politica,
mi hanno strappato dal meccanismo di delega vuota degli ultimi quindici anni,
e mi hanno fatto restare in un paese che prima volevo lasciare.
Studiare l’attivismo in rete mi ha condotto alle stesse conclusioni di altre decine
di curatori: non esiste bloggare o twittare da una posizione di neutralità; si può offrire
alla rete la propria esperienza di verifica, di studio, di approfondimento, ma si diventa
partecipi, e in qualche modo attivisti, senza quasi rendersene conto, senza averlo
deciso. E un bel mattino si accetta che sia così. Perché, vi assicuro, non si può stare
immersi nella lotta di piazza Tahrir senza sentirsi in qualche modo responsabilizzati,
interrogati nel profondo, chiamati ,non a riempirsi la bocca di slogan,
ma a fare sul serio.E così come faccio dirette Twitter sul Cairo col cuore in gola
perché ad ogni sit-in ocorteo uno di quei ragazzi può lasciarci la pelle - come è
successo a Mina Daniel,disarmato, durante il massacro dei copti il 9 ottobre -
così ho twittato la Roma del #15O con crescente apprensione.
Ho avuto paura che vi faceste accoppare da un poliziotto che perdeva la testa.
Ho avuto paura che vi faceste pestare a sangue come chi è stato a Genova dieci
anni fa ricorda bene e non dimenticherà mai.
Ho avuto paura che saltaste in aria nell’esplosione di una di quelle auto che
avete bruciato.
Ho avuto paura che uno di quei blindati ubriachi vi investisse.
Ho avuto paura che ammazzaste un poliziotto.
Ho avuto paura che il vostro disprezzo evidente per la gran massa di gente perbene
fra cui vi siete mimetizzati vi portasse a ferire, o a uccidere, o a far uccidere,
una persona che un bastone o una spranga non li userebbe mai.
Poi ho capito che voi non avete paura.
Voi vi piacete così, vi sentite belli con la vostra ferocia, con la vostra rapida
coreografiadella morte, ho capito che corteggiate il pericolo, che non vi importa
delle conseguenze,che pensate di non avere niente da perdere (e siete troppo
giovani per capire che invece da perdere neavete parecchio), e soprattutto ho capito
che non state costruendo niente.
Senza quella folla immensa in cui vi siete nascosti - lo sapete benissimo -
non siete niente,nessuno vi guarda, nessuno si cura di voi, non contate un accidenti.
È vero, siete bellissimi e subdoli e veloci come un branco di lupi che discende in pianura.
I miei amici antagonisti vi ammirano, sono dalla vostra parte, riconoscono in voi una
rabbia profonda che tutti proviamo.
Salvo poi essere un filo confusi - infiltrati della polizia oppure intrepidi compagni?
Devo scrivervi perché ho rispetto per chi muore per le cose in cui crede.
Per chi non ha scelta.
Per chi in piazza ci va studiando, facendo fatica, mediando con persone che la
pensano diversamente.
Per chi si stanca, e piange.
Per chi diventa eroe suo malgrado, e perde amici e fratelli, e pure non smette.
Per chi da dieci mesi non dorme una notte intera.
Per chi si interessa della democrazia e si domanda come crearne una che funzioni
e darle il proprio contributo.
Per chi si fa un culo pazzesco nelle scuole, nella magistratura, nei sindacati clandestini,
nei giornali censurati, nella tutela legale dei prigionieri politici, nel servizio d’ordine
della piazza più rivoluzionaria del mondo.
Per chi va in galera a vent’anni per aver scritto una cosa di troppo in un blog,
o viene torturato per un graffito.
Per chi rinunciando ad armarsi ha scelto la strada più lunga e produttiva.
Per chi le botte e i gas lacrimogeni se li risparmierebbe se potesse.
Per chi i sassi li tira perché ha di fronte un apparato infernale e corrotto che da
40 anni lo schiaccia e lo tortura - e non per modo di dire.
Per chi soltanto una settimana fa ha visto i soldati gettare nel Nilo cadaveri
di cristiani disarmati. Voi siete solo imitatori, attori, pedine.
Non avete rispetto per i vostri diritti, e ricoprite un
ruolo ridicolo nella stessa recita che tanto detestate.
È nato un movimento internazionale,se vi va di rendervene conto,
che potrebbe perfino salvarci dal nostro provincialismo.
Ha quattro regole in croce, e chiede di rispettare solo quelle.
Ha scelto la resistenza passiva - la studia, la pratica, sa a cosa serve.
Se volete, è anche casa vostra.Sta a voi.
Dentro al movimento, con le vostre forti braccia e magari anche il cervello,
potete sperare di contare qualcosa. Ma se non avete rispetto, se non vi fidate
di nessuno, se siete cinici e nichilisti e avete già deciso che non cambierà mai niente,
se pensate di essere un po’ più derubati degli altri, più precari degli altri, più
disoccupati degli altri, allora andate a fare gli esclusi per scelta sugli spalti
degli stadi, o a spaccare vetrine da soli finché non sarete cresciuti - con la
vostra illusione di avere sempre ragione, di sfidare il sistema, o di distruggere
i simboli della proprietà privata mentre è vostro padre che paga ancora le rate.
Vi va bene che siete italiani. Vi va bene che qui c’è qualcuno a cui fa comodo
che esistiate, che finge di non vedere i bastoni nascosti a San Giovanni dalla
sera prima, che non vi ferma alla stazione Termini mentre passate col viso
coperto e un metro di legno che vi spunta dagli zaini. Vi va bene che qui il
rapporto di fiducia con la polizia è così corroso e malato che a via Merulana
si è fatta un’assemblea tragica in mezzo ai lacrimogeni per decidere se
consegnare o no 3 di voi agli agenti - perché la polizia è maiale se ti carica,
o se carica quelli sbagliati, ma è anche vigliacca se non ti protegge dai provocatori.
Vi va bene che siete nati in un paese così bizantino e pieno di segreti che le teorie
del complotto sono sempre lecite. Vi va bene che siete in un paese vecchio,
l’unico in cui il movimento che dichiara la fine di un sistema fallimentare scende
in piazza ancora coi suoi stracci di bandiere, con le sue divisioni tribali, con i suoi
rottami di sindacato, col suo ritardo spaventoso in un paese governato
da un impunito. Vi va bene che siete in un paese ipocrita, teatrale, che sfila in tv
ma poi alle assemblee di discussione non ci va, e che ha aspettato invano per
anni che qualcuno lo chiamasse in piazza invece di andarci e basta.
E vi va bene che siamo ancora così stupidi da organizzare cortei-fiume in
mezzo ai palazzi più preziosi del mondo invece di occupare pacificamente
una piazza - perché certo, poi ci toccherebbe anche metterla in sicurezza
noi stessi, e tenerla pulita, e prendercene la responsabilità.
Vi va bene che vi sia stato offerto di nuovo un palcoscenico - voi, e tre ore
di caroselli anni ‘70 delle camionette in diretta tv. Col “sistema” sembrate
d’accordo almeno su una cosa: sul fatto che è meglio non manifestare del tutto
, che è meglio tenere la bocca chiusa e starsene a casa, cioè esattamente
l’opposto di quello che reclama questo movimento - il diritto a riprendersi
lo spazio pubblico, e a usarlo per il bene comune. Avrete pure vent’anni ma
siete vecchi anche voi, non scandalizzate nessuno, e vi lasciate usare.
Vi hanno fatto credere che la prima linea sia quella piazza da cui avete
divelto i sanpietrini, e ci siete cascati. E invece, come vi dirà qualunque
vero rivoluzionario, la prima linea è dentro, e si trova insieme, e costa tempo,
pazienza, e fatica.
Una cosa è sicura - questo movimento sarà anche ingenuo, ma tanto non sarete
voi a cambiare il mondo. Avreste dovuto restare a bocca aperta, quando la
basilica ha aperto i suoi giardini ai manifestanti soffocati dai lacrimogeni
a San Giovanni. A bocca aperta per la bellezza straordinaria di quel luogo
che appartiene all’umanità intera, e che è nostro privilegio conservare a
prescindere dalla fede religiosa. E qualcuno avrebbe dovuto dirvi che a
gennaio, per proteggere con una catena umana il Museo Egizio del Cairo,
uomini e donne si sono presi per mano mentre dai tetti gli sparavano addosso
i cecchini del loro stesso presidente. E che quegli uomini e quelle donne sanno
che la non-violenza ha un prezzo salato, come 700 morti, che non si finisce
mai di pagare. Ma ci ricordano che è uno strumento collettivo di straordinaria
civiltà e potenza; ti permette di vincere battaglie decisive, ti migliora,
ti moltiplica, ti eleva, ti fa contare sul serio, e ti conquista il rispetto del mondo.
Marina Petrillo
Potrei essere vostra madre, o vostra sorella - per fortuna non lo sono, perché
immagino che per quanto amiate le vostre madri e sorelle, la loro saggezza vi appaia
come un altro pezzo di quel presunto perbenismo che siete venuti a disfare con le
vostre mani, con le vostre braccia giovani, con le vostre spranghe e i vostri bastoni.
Ma non sono né vostra madre né vostra sorella, sono una giornalista, lavoro da
tanti anni in una radio indipendente, e da poco meno di un anno faccio un lavoro
che prima nemmeno esisteva, il curatore di social media, una persona che verifica
e sceglie contenuti tratti dal lavoro collettivo della rete per produrre a sua volta
contenuti informativi.
Seguo da dieci mesi le rivolte arabe, e questo mi ha cambiato la vita.
Non solo perché le rivolte l’hanno cambiata a tante persone, ma perché le migliaia di
ragazze e ragazzi che stanno lottando per il futuro dei loro paesi mi hanno restituito
la passione civile, mi hanno fatto sentire interrogata sui modi in cui facciamo politica,
mi hanno strappato dal meccanismo di delega vuota degli ultimi quindici anni,
e mi hanno fatto restare in un paese che prima volevo lasciare.
Studiare l’attivismo in rete mi ha condotto alle stesse conclusioni di altre decine
di curatori: non esiste bloggare o twittare da una posizione di neutralità; si può offrire
alla rete la propria esperienza di verifica, di studio, di approfondimento, ma si diventa
partecipi, e in qualche modo attivisti, senza quasi rendersene conto, senza averlo
deciso. E un bel mattino si accetta che sia così. Perché, vi assicuro, non si può stare
immersi nella lotta di piazza Tahrir senza sentirsi in qualche modo responsabilizzati,
interrogati nel profondo, chiamati ,non a riempirsi la bocca di slogan,
ma a fare sul serio.E così come faccio dirette Twitter sul Cairo col cuore in gola
perché ad ogni sit-in ocorteo uno di quei ragazzi può lasciarci la pelle - come è
successo a Mina Daniel,disarmato, durante il massacro dei copti il 9 ottobre -
così ho twittato la Roma del #15O con crescente apprensione.
Ho avuto paura che vi faceste accoppare da un poliziotto che perdeva la testa.
Ho avuto paura che vi faceste pestare a sangue come chi è stato a Genova dieci
anni fa ricorda bene e non dimenticherà mai.
Ho avuto paura che saltaste in aria nell’esplosione di una di quelle auto che
avete bruciato.
Ho avuto paura che uno di quei blindati ubriachi vi investisse.
Ho avuto paura che ammazzaste un poliziotto.
Ho avuto paura che il vostro disprezzo evidente per la gran massa di gente perbene
fra cui vi siete mimetizzati vi portasse a ferire, o a uccidere, o a far uccidere,
una persona che un bastone o una spranga non li userebbe mai.
Poi ho capito che voi non avete paura.
Voi vi piacete così, vi sentite belli con la vostra ferocia, con la vostra rapida
coreografiadella morte, ho capito che corteggiate il pericolo, che non vi importa
delle conseguenze,che pensate di non avere niente da perdere (e siete troppo
giovani per capire che invece da perdere neavete parecchio), e soprattutto ho capito
che non state costruendo niente.
Senza quella folla immensa in cui vi siete nascosti - lo sapete benissimo -
non siete niente,nessuno vi guarda, nessuno si cura di voi, non contate un accidenti.
È vero, siete bellissimi e subdoli e veloci come un branco di lupi che discende in pianura.
I miei amici antagonisti vi ammirano, sono dalla vostra parte, riconoscono in voi una
rabbia profonda che tutti proviamo.
Salvo poi essere un filo confusi - infiltrati della polizia oppure intrepidi compagni?
Devo scrivervi perché ho rispetto per chi muore per le cose in cui crede.
Per chi non ha scelta.
Per chi in piazza ci va studiando, facendo fatica, mediando con persone che la
pensano diversamente.
Per chi si stanca, e piange.
Per chi diventa eroe suo malgrado, e perde amici e fratelli, e pure non smette.
Per chi da dieci mesi non dorme una notte intera.
Per chi si interessa della democrazia e si domanda come crearne una che funzioni
e darle il proprio contributo.
Per chi si fa un culo pazzesco nelle scuole, nella magistratura, nei sindacati clandestini,
nei giornali censurati, nella tutela legale dei prigionieri politici, nel servizio d’ordine
della piazza più rivoluzionaria del mondo.
Per chi va in galera a vent’anni per aver scritto una cosa di troppo in un blog,
o viene torturato per un graffito.
Per chi rinunciando ad armarsi ha scelto la strada più lunga e produttiva.
Per chi le botte e i gas lacrimogeni se li risparmierebbe se potesse.
Per chi i sassi li tira perché ha di fronte un apparato infernale e corrotto che da
40 anni lo schiaccia e lo tortura - e non per modo di dire.
Per chi soltanto una settimana fa ha visto i soldati gettare nel Nilo cadaveri
di cristiani disarmati. Voi siete solo imitatori, attori, pedine.
Non avete rispetto per i vostri diritti, e ricoprite un
ruolo ridicolo nella stessa recita che tanto detestate.
È nato un movimento internazionale,se vi va di rendervene conto,
che potrebbe perfino salvarci dal nostro provincialismo.
Ha quattro regole in croce, e chiede di rispettare solo quelle.
Ha scelto la resistenza passiva - la studia, la pratica, sa a cosa serve.
Se volete, è anche casa vostra.Sta a voi.
Dentro al movimento, con le vostre forti braccia e magari anche il cervello,
potete sperare di contare qualcosa. Ma se non avete rispetto, se non vi fidate
di nessuno, se siete cinici e nichilisti e avete già deciso che non cambierà mai niente,
se pensate di essere un po’ più derubati degli altri, più precari degli altri, più
disoccupati degli altri, allora andate a fare gli esclusi per scelta sugli spalti
degli stadi, o a spaccare vetrine da soli finché non sarete cresciuti - con la
vostra illusione di avere sempre ragione, di sfidare il sistema, o di distruggere
i simboli della proprietà privata mentre è vostro padre che paga ancora le rate.
Vi va bene che siete italiani. Vi va bene che qui c’è qualcuno a cui fa comodo
che esistiate, che finge di non vedere i bastoni nascosti a San Giovanni dalla
sera prima, che non vi ferma alla stazione Termini mentre passate col viso
coperto e un metro di legno che vi spunta dagli zaini. Vi va bene che qui il
rapporto di fiducia con la polizia è così corroso e malato che a via Merulana
si è fatta un’assemblea tragica in mezzo ai lacrimogeni per decidere se
consegnare o no 3 di voi agli agenti - perché la polizia è maiale se ti carica,
o se carica quelli sbagliati, ma è anche vigliacca se non ti protegge dai provocatori.
Vi va bene che siete nati in un paese così bizantino e pieno di segreti che le teorie
del complotto sono sempre lecite. Vi va bene che siete in un paese vecchio,
l’unico in cui il movimento che dichiara la fine di un sistema fallimentare scende
in piazza ancora coi suoi stracci di bandiere, con le sue divisioni tribali, con i suoi
rottami di sindacato, col suo ritardo spaventoso in un paese governato
da un impunito. Vi va bene che siete in un paese ipocrita, teatrale, che sfila in tv
ma poi alle assemblee di discussione non ci va, e che ha aspettato invano per
anni che qualcuno lo chiamasse in piazza invece di andarci e basta.
E vi va bene che siamo ancora così stupidi da organizzare cortei-fiume in
mezzo ai palazzi più preziosi del mondo invece di occupare pacificamente
una piazza - perché certo, poi ci toccherebbe anche metterla in sicurezza
noi stessi, e tenerla pulita, e prendercene la responsabilità.
Vi va bene che vi sia stato offerto di nuovo un palcoscenico - voi, e tre ore
di caroselli anni ‘70 delle camionette in diretta tv. Col “sistema” sembrate
d’accordo almeno su una cosa: sul fatto che è meglio non manifestare del tutto
, che è meglio tenere la bocca chiusa e starsene a casa, cioè esattamente
l’opposto di quello che reclama questo movimento - il diritto a riprendersi
lo spazio pubblico, e a usarlo per il bene comune. Avrete pure vent’anni ma
siete vecchi anche voi, non scandalizzate nessuno, e vi lasciate usare.
Vi hanno fatto credere che la prima linea sia quella piazza da cui avete
divelto i sanpietrini, e ci siete cascati. E invece, come vi dirà qualunque
vero rivoluzionario, la prima linea è dentro, e si trova insieme, e costa tempo,
pazienza, e fatica.
Una cosa è sicura - questo movimento sarà anche ingenuo, ma tanto non sarete
voi a cambiare il mondo. Avreste dovuto restare a bocca aperta, quando la
basilica ha aperto i suoi giardini ai manifestanti soffocati dai lacrimogeni
a San Giovanni. A bocca aperta per la bellezza straordinaria di quel luogo
che appartiene all’umanità intera, e che è nostro privilegio conservare a
prescindere dalla fede religiosa. E qualcuno avrebbe dovuto dirvi che a
gennaio, per proteggere con una catena umana il Museo Egizio del Cairo,
uomini e donne si sono presi per mano mentre dai tetti gli sparavano addosso
i cecchini del loro stesso presidente. E che quegli uomini e quelle donne sanno
che la non-violenza ha un prezzo salato, come 700 morti, che non si finisce
mai di pagare. Ma ci ricordano che è uno strumento collettivo di straordinaria
civiltà e potenza; ti permette di vincere battaglie decisive, ti migliora,
ti moltiplica, ti eleva, ti fa contare sul serio, e ti conquista il rispetto del mondo.
Marina Petrillo
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